Domenico Pompilio e la sua “Linea di Confine” – La recensione

Linea di Confine“. Così si intitola il nuovo e primo album di Domenico Pompilio. Album che si avvia con la sua prima traccia, “Luci nel Cortile“. Una traccia avvolta totalmente dall’acustica delle sei corde. Esse danno alla luce un arpeggio così dolce e continuo. Un arpeggio armonioso. Angelico. Una voce equilibrata e matura, inoltre. Una voce appropriata per questo genere musicale. Non per tutti. Ciò che mi rapisce è anche la partecipazione di uno strumento aerofono. Il quale regala sensazioni di spiritualità.

Con la seconda traccia, “Cassiopea“, prosegue la stessa tendenza. Anche se qui l’arpeggio diventa un giro strimpellato e permanente. Lo stile di Domenico Pompilio mi ricorda tanto Fabrizio De André. Tantissimo. Forse un po’ troppo. Da valorizzare ancora, comunque, lo strumento aerofono. Mi attira. Come mi attira l’intervento delle sei corde elettriche in “Il Senso dell’Impresa“. Esse donano semplicemente vitalità, nonostante si presentino in modo abbastanza moderato. Da rimarcare come tutto il sound riesca a creare un clima interessante. Profondo. Sentito. Un clima intenso.

Torna ad affacciarsi l’arpeggio tramite “Io ti Accarezzerò“, “L’Acquario” e “Poche parole“. Caldo, caspita. Rovente. Per mezzo di questi brani si può respirare una brezza limpida, spontanea. Una brezza che avvicina. Che invita. Davvero lodevole, nonostante io continui ad avvertire il marchio di Faber. Ma è con la traccia omonima dell’album che diventa tutto un po’ più scalpitante. Da sottolineare più e più volte il sostegno che regala lo slide a tutto il suono. Esso non fa altro che offrire atmosfere blues. Quindi passionali. Quelle che piacciono a me. Qui le sei corde elettriche vengono davvero sfruttate come si deve. Vengono valorizzate. Mi piace.

Però, è attraverso “Va Bene Così” che vengono veramente spremute (le sei corde elettriche). Si ottiene il massimo rendimento. Assoli brevissimi ma ricchi di bending, i quali stuzzicano ogni ormone. Bending che coinvolgono, che attraggono. Molto. Ma poi, il ritmo che divulga la batteria è solo pura energia. Così devastante, oddio. Mentre con “Le Vie dell’Arte” sento finalmente il basso. Le quattro corde possenti meritano importanza. Meritano di acquisire il giusto pregio. Infatti tramite questo brano vengono risaltate, e insieme alla chitarra elettrica si realizza un sound estremamente allettante. Un sound tonico.

Il vero movimento compare con “La Felicità“. Qui è il ritmo funky a regnare. Un ritmo che diverte, che agita, che domina. Un ritmo che anima ogni spirito e ogni corpo. C’mon. Non sembra neppure appartenere allo stesso album. Ma non faccio neppure in tempo a scrivere che le tracce che seguono e che concludono l’album, “All’Angolo di Questa Strada” e “Con il Vento a Favore“, manifestano uno stato emotivo amaro. Uno stato emotivo acre. Tutto ciò grazie alle note dolenti del pianoforte, la prima, e dell’arpeggio la seconda. Note tormentate e afflitte propagate anche dall’armonica. Che strumento affascinante, santo cielo. Uno strumento che esprime appieno una condizione ipersensibile dello spirito.


Voto: 8.5 ⇒ Gradevole la presenza dell’armonica, dello slide e degli strumenti aerofoni. Gradevoli le varie tonalità di suoni e atmosfere caratteristiche del cantautorato. Un cantautorato virtuoso. Qualitativo. Meritevole. Non c’è male come album d’esordio.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


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Domenico PompilioLinea di Confine:


 

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