Ermanno Fabbri e il suo album omonimo – La recensione

L’album omonimo di Ermanno Fabbri mi regala, sin dal principio, una leggerezza fuori dal comune. Una leggerezza piacevole. “Non C’è Pace“, la prima traccia, ha un ritmo molto divertente grazie ad una batteria viva e fresca. Una batteria frizzante. Ma non solo, anche le sei corde donano soddisfazione. Insomma, un bell’inizio.

A Bag Full of Pain“, invece, sembra provenire dai campi di cotone afro-americani. Campi che sprizzano sofferenza e dannazione. Wow quanto mi piace questo sound. Il blues è malinconia. Una malinconia particolare, però, che invade e penetra dentro l’anima. Un’anima maledetta, un’anima scossa. Ermanno Fabbri ci vuole proprio deliziare. Ha uno stile molto inconsueto. Con “Nevrastenia” esce la sua parte pop-rock, a tratti funky con questa chitarra sempre presente e una batteria che regna. Ci sono quei secondi, poi, che portano solo a schioccare le dita. C’mon. Mentre con “Cadono le Lacrime” tutto si rallenta. Una traccia molto nostalgica e gradevole all’ascolto. Una traccia amara. Flemmatica.

Riemerge il pop-rock attraverso “Bloodline“. Un brano in inglese, un brano che sa tanto di reggae moderno. Una sorta di “Ska” pacato e rilassato. Qui c’è solo da distendersi e farsi trascinare con questo sound distensivo. Al contrario, tornano le sonorità blues con “When the Heroes Fall“. Una chitarra che graffia tremendamente. Un tratto distintivo, proprio. Qui sono le sei corde che fanno la differenza. Eccitano, emozionano. Questa traccia è un’escursione verso le zone più intime dello spirito. Quella voce femminile in sottofondo, inoltre. Sembra quasi che chieda aiuto. Quanta intensità, mi ha fatto salire i brividi.

L’album conclude. E conclude con “Ragazza in Due“. Qui il fulcro sono le percussioni che danno vita ad una musicalità esclusivamente reggae. Un reggae veloce, rapido. Un reggae elastico e movimentato.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


Ermanno Fabbri

 

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