Intervista ai Bunnyblack: “Noi vogliamo essere una scossa emotiva”

Dopo la recensione, sul loro primo EP omonimo, i Bunnyblack sono (senza dubbio) da conoscere intensamente. In modo approfondito. Tant’è che si sono resi disponibili per un’intervista esclusiva sul Blog. Episodi su di loro, sul loro passato e sulle ambizioni che desiderano raggiungere. Lo meritano, la musica che esprimono è così insolita. Ma ciò che mi ha colpito è proprio il loro modo di viverla. Ed è un modo estremamente rock&roll.

Conosciamoli meglio, ora. C’mon.


  • Ciao ragazzi, benvenuti nel Blog. Raccontateci dei vostri esordi, come vi siete conosciuti?

Less: Ciao, e grazie per lo spazio. Praticamente ci siamo conosciuti in occasione di un concorso musicale a Palermo. Marco era col suo progetto solista, io con la mia band (i Velaut). Ora Marco ci tiene a dire che si è piazzato in classifica sopra di me e spesso ci ridiamo su. E’ l’ennesima dimostrazione, però, che quando qualcuno vuole spacciare la musica come una corsa a premi, o come una fabbrica di competitività “usa e getta”, si sbaglia di grosso. Da lì abbiamo deciso di registrare un A/B side di cover (edito da Spettro Rec, e ascoltabile su YouTube). Una dei Joy Division e una degli Audioslave, basate su quello che poi sarebbe stato il nostro suono futuro, anche se non lo sapevamo ancora.

  • Come nasce questo vostro sound così inusuale?

Maiqqu: Ad onor del vero non siamo i primi a creare musica con le consolle retro. Esiste un panorama molto underground che fa riferimento a questo genere chiamato Chiptune, o Micromusic.
La differenza sta nella concezione che noi abbiamo della nostra musica. Generalmente questo genere è legato a doppio filo con l’elettronica, mentre noi siamo di base due musicisti Rock (e affini). Questo ci porta ad usare il Nintendo Gameboy in modo funzionale al brano, rendendolo parte integrante di un sound diverso. Anche i nostri concerti sono dei concerti “Rock”, la centralità della “forma canzone” è determinante, così come la performance visiva in cui ti rendi conto che è tutto suonato e in uno stato emozionale sempre oltre le righe, e sempre in evoluzione.

  • Quali sono gli artisti che vi ispirano?

Maiqqu: Veniamo da storie diverse, ambienti (musicali e non) diversi, quindi è complicato inquadrarci in generi e artisti precisi. Io ascolto molta musica elettronica, vengo dal punk e dall’alternative americano, o dal Post Rock; Less ha un background cantautorale e suona tanto blues. Di certo abbiamo trovato un punto di incontro nelle sonorità della Dark Wave e dello Shoegaze. Quindi di certo potreste sentire nella nostra musica le incursioni oniriche di Jesus and Mary Chains e dei My Bloody Valentine, come le ritmiche serrate dei Clan of Xymox e dei Bauhaus, oltre che dei Depeche Mode.

  • Toglieteci la curiosità, da dove deriva il nome Bunnyblack?

Less: Non dirmi che anche a te dà l’idea del nome di una attrice porno!

  • Che messaggio volete trasmettere con la vostra musica?

Less: Trasmettere un messaggio focalizzato è forse una priorità che non abbiamo. Molto di quello che trasmettiamo è lasciato al “non detto”. Con questo non voglio dire che non ci curiamo di cosa arriva, ma la cosa che ci importa è che arrivi qualcosa. Il nostro mondo è strano, ma dissento con chi dice che non ci sono messaggi importanti nella musica e nella società; semplicemente la gente ha perso la sensibilità di coglierli, bombardata dalle sottoculture mainstream che agiscono come le droghe, assopendoci. Ecco, noi vorremmo essere una scossa emotiva, quel pugno alla bocca dello stomaco che ti risblocca e ti riporta di nuovo in uno stato in cui quella sensibilità torna ad esserci.

  • C’è qualche artista italiano che vi piace?

Less: Io sono molto legato alla cultura dei cantautori italiani degli anni passati, così come a quella della scena indipendente italiana degli anni ’80/’90 (Litfiba, CSI, Marlene Kuntz, Giorgio Canali). Negli ultimi anni la scena musicale mondiale, e di conseguenza quella italiana, hanno perso molto terreno in favore della musica “da intrattenimento” dei nuovi modelli. Di certo ci sono artisti che resistono, e forse tra questi merita una menzione speciale Caparezza: musicalmente audace, ricco di contenuti maturi, stilisticamente perfetto.

Maiqqu: Sono legato nostalgicamente alla scena punk italiana degli anni 90/00, con menzione d’obbligo alle Pornoriviste. Amo i Verdena e il loro modo di evolversi con gli anni. E anche il Teatro degli Orrori.

  • Con quale artista vorreste collaborare particolarmente?

Maiqqu: A Place to Bury Strangers. Sono una band formidabile che seguo da anni, ho trascinato anche lui ad un loro concerto, e ora, a sognare una collaborazione, siamo in due.

  • Raccontateci un aneddoto particolare sul vostro percorso.

Maiqqu: Potremmo raccontare di quel momento in cui nulla stava andando per il verso giusto e io decisi di lasciare il progetto con conseguente e ovvio scioglimento, e di come quello fu invece il giorno esatto in cui tutto cominciò a girare. Ma siamo scaramantici, e quindi bypasso la domanda.

  • Per il futuro, che progetti avete?

Less: E’ appena uscito il nostro EP, lo trovate su tutti gli stores digitali, e in copia fisica auto-distribuita (anche in un formato fisico molto molto particolare), quindi ci stiamo dedicando ai concerti e alla promozione. Nel nostro futuro io spero che ci sia l’unica cosa da cui non possiamo prescindere: tanti concerti. Il resto è un contorno necessario, ma di importanza secondaria.

  • Concludendo, ringraziandovi per la disponibilità e augurandovi un in bocca al lupo per tutto, vi lascio uno spazio per salutare i vostri fans e i Readers del Blog.

Siamo noi a ringraziarvi per lo spazio, vi auguriamo tanta fortuna. A chi leggerà queste parole diciamo che siete la forza di chi fa musica, e se smetterete di trasmetterci questa forza, la musica diventerà l’ennesima banalità dei mercati e di chi ci vuole tutti uguali. Tornate ad emozionarvi, torniamo al rapporto intimo e passionale con essa. Grazie, grazie a tutti.


Concetti molto interessanti sul mondo della musica, in particolare. Niente da aggiungere. In conclusione, i “Bunnyblack” (no, non mi è venuta l’idea che fosse un nome da pornostar) sono solo da seguire, da ascoltare. Da godere (daje!). Grazie ragazzi per le vostre parole. Augh.


Intervista esclusiva di Attilio Salaris


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