Intervista ai Pain is a Dress: “La nostra musica trasforma la negatività in bellezza”

Nico, Lorenzo, Giandomenico e Valentina. Sono questi i membri della band “Pain is a Dress“. Una band inusuale, particolare. Una band che sperimenta, che innova. Ascoltando il loro debut album “Ivy” sembra quasi di essere a teatro davanti ad un’orchestra. Sicuramente il motivo di questa sensazione è la presenza del pianoforte. Una presenza importante e significativa. Un album dotato di un sound malinconico ricco di inquietudine e mestizia. Interessante.

Ora conosciamo meglio i Pain is a Dress.


  • Ciao ragazzi, benvenuti nel Blog. Raccontateci dei vostri esordi, come vi siete conosciuti?

Ciao e grazie per l’ospitalità! Siamo tutti ex studenti della scuola di musica Sonus Factory di Roma ci siamo conosciuti lì. Il nostro percorso inizia proprio durante un laboratorio di alternative rock che abbiamo frequentato durante gli anni della nostra formazione professionale e artistica. I Pain is a Dress nascono proprio in quel periodo, e da lì non si sono più lasciati: anche se ci sono stati cambiamenti per quanto riguarda la formazione dovuti a fattori esterni, siamo sempre tutti uniti e grandi amici.

  • Perché vi chiamate “Pain is a Dress”?

Volevamo a tutti i costi che una metafora rappresentasse il nome del progetto. Il dolore è un vestito, ovvero un oggetto che decidiamo di indossare nel momento della composizione, affinché ci frutti a livello creativo. Lo scopo è anche quello di trasformare la negatività in qualcosa di bello, attraverso la nostra musica e i messaggi che ne derivano. Il dolore quindi diventa un qualcosa di cui ci possa ammantare solo ed esclusivamente per dare vita a positività assoluta.

  • Nel vostro primo album, “Ivy”, il pianoforte è al centro delle attenzioni, inoltre si percepisce un’atmosfera uggiosa. Spiegateci quale messaggio, o quali messaggi, volete trasmettere a chi vi ascolta.

Innanzitutto volevamo precisare che il nome “Ivy” è un omaggio a Kate Bush e alla sua canzone “Under The Ivy”. L’edera in questo caso, assume un significato di protezione, un posto in cui emanciparsi e vivere d’arte, lontano dal mondo comune, così complesso e disordinato per una mente artistica. Un posto in cui vivere in solitudine e nascosti, dove la creatività prende il sopravvento. “Ivy” parla del malessere che è costretto a passare l’artista per far sì che venga capito: ogni tipo di sentimento del mondo comune è quindi una spada che trafigge e opprime la sua vita. Il sentimento prevalente è l’amore, ed in “Ivy” vengono mostrate tutte le sue accezioni più negative. Nonostante ciò, i nostri sono messaggi di speranza, di determinazione e di lotta continua per affermare sé stessi. Sembra un paradosso, ma ricordiamoci che il dolore è un vestito, e siamo noi a decidere quando toglierlo. Per cui, “Ivy” è semplicemente la luce in fondo al tunnel.

  • Invece, perché questa copertina?

Lo sfondo nero rappresenta la società, il baratro, il posto da cui cerchiamo di proteggerci. L’edera, colorata, è la nostra salvezza. Quel posto dove infilarsi per sentirsi al sicuro, lontano dall’odio del mondo comune, luogo assolutamente nocivo per la mente artistica.

  • Quali sono gli artisti che vi ispirano nella vostra musica?

Quando scriviamo una canzone cerchiamo di trarre sempre ispirazione dalla penna di grandi cantautrici, mettendoci del nostro, anche perché non ci permetteremmo mai di imitare o di copiare. Ovviamente uno cresce e matura con un background di ascolti diversi. I nostri punti di riferimento sono tantissimi, ma per citarne qualcuno: Tori Amos, Bjork, Kate Bush, Lana del Rey, Cat Power, The Cure, The Smiths, Joy Division, Evanescence, Florence and The Machine, Anohni, Anthony and the Johnson, Lamb, Franco Battiato.

  • Per il futuro, che progetti avete?

Abbiamo in mente di fare dei live all’estero. Abbiamo bisogno di stimoli nuovi, e soprattutto ci serve il parere del pubblico straniero. Qua non ci sentiamo più accettati.

  • Quando vi possiamo vedere live?

Per adesso vi segnaliamo la data del nostro release party al Marmo, a Roma, il 13 Novembre 2019. Sarà una bella festa, tante canzoni nuove e un suono più maturo. Poi suoneremo alla finale del Radio Città Aperta Music Fest il 22 Novembre al Defrag, sempre a Roma. Poi tante altre date a dicembre.

  • Concludendo, ringraziandovi per la disponibilità e augurandovi un in bocca al lupo per tutto, vi lascio uno spazio per salutare i vostri fans e i Readers del Blog.

Ciao a tutti gli amici, grazie per il vostro continuo supporto, ve ne saremo riconoscenti a vita. Invitiamo tutti i lettori del Blog ad ascoltare il nostro album su Spotify, a darci dei pareri costruttivi che ci aiutino a migliorare. Nel caso in cui ci riteneste perfetti, beh, ci vediamo il 13 Novembre da Marmo. Grazie a tutti!


Una band tutta da scoprire, quindi. Questi ragazzacci potete trovarli e ascoltarli su:

Spotify: https://open.spotify.com/album/7kXZIpTXceGCswpv9mkAgZ?si=PSxSuMwxRUq5NAWs1Ia-gQ

Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCe8-uC7e3brVmoy5zCyV9OQ

Facebook: https://www.facebook.com/painisadress/

Instagram: https://www.instagram.com/painisadress/


Che il potere della musica sia sempre con voi.

Intervista esclusiva di Attilio Salaris


Pain is a Dress

 

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