“La Sindrome di Stoccolma”, l’album d’esordio dei Messer DaVil – La recensione

La Sindrome di Stoccolma“, l’album d’esordio dei Messer DaVil, comincia con “Indipendente da Chi…?!“. Una traccia che fa già capire lo stile della band. Uno stile pop. Uno stile elettronico dove i synth rappresentano il cuore pulsante del sound. Sound arricchito da leggeri riff di chitarra, ma capaci di produrre risultati soddisfacenti, e da una batteria che detta il ritmo. Si fa sentire. Come si fa sentire durante “Il Garage Ermetico“.

C’è poco da dire, i Messer DaVil con “La Sindrome di Stoccolma” eseguono sonorità moderne, attuali. Sonorità indie. Trasmettono il desiderio di far divertire, di far muovere e di voler agitare. E ci riescono, specialmente nel finale della seconda traccia citata. Ma è con “Avanzi” che l’atmosfera diventa pacifica e calma. Distesa, proprio. Una ballad indie-pop, mi vien da dire. Tutto si rallenta, sembra quasi un ritmo tribale nel quale si possono contare i numeri degli accordi. Probabilmente la mia canzone preferita dell’album.

Album che prosegue con “L’idiota Digitale“. Qui il perno sono le melodie reggae. Il titolo dice già tutto, non c’è da spiegare nulla. Questa traccia contornata da un ritmo giamaicano possiede frammenti di pura incisività. Tutto si velocizza. A tratti però. Non troppo. Tastiera e sintetizzatori accompagnano la lotta contro gli haters. Ai quali non bisogna dargli importanza, perché non ne hanno. Semplice.

Quello che Proteggiamo“, “Quello che Avviene ogni Giorno” e “Volare Via” riportano la quiete. Arpeggi soffici. Un clima che spinge a tranquillizzare gli animi. Il tempo dettato dalla batteria porta ad abbandonarsi. L’ultima citata, in ogni caso, si accende tutto d’un colpo. Wow. E questa accensione si porta avanti ascoltando “Millenium Bug” e “Ventisett’anni“. Tornano i synth al centro delle attenzioni. Un sound estremamente anni ’80. Sembra di tornare indietro nel tempo. La particolarità di quegli anni era il suono inusuale della batteria. Un suono ben definito che si evidenzia in scioltezza. Come se non bastasse, “Ventisett’anni” ha un riff che mi ha fatto ricordare quello deciso e crudo in “Re del mio Silenzio“. Litfiba (anni ’80, infatti).

Ma eccolo, è arrivato. Il rock&roll. Finalmente. “Negli Occhi di chi Guarda” contiene riff che danno una scossa donando luce e vitalità. Tutto si indurisce, qui. Tutto diventa marmoreo e inclemente. Senza pietà. Incurvabile. Un sound che elettrizza ed esalta ogni spirito. Rock&roll baby.

Ma tutta questa passione termina (peccato). Tuttavia i brani che seguono, “Amico Cosmico” e “Il Self Control“, si possono considerare come delle rock-ballads. Specialmente la prima. In entrambi i casi c’è da strimpellare. Due canzoni di compagnia. Da condividere con dei buoni amici e del buon vino. Qui c’è spazio pure per il rap. I Messer DaVil non smettono di sorprendere. “Digli che è Vero” è un inno ai nuovi generi del momento. Da mettere in risalto qui è il basso, però. A tratti fa solo godere. Quei tocchi sulle quattro corde mi piacciono assai.

Voglio dare rilievo al riff di chitarra in “Complice“. Mi attrae e richiama la mia più totale attenzione. Ho un debole per le sei corde, in particolare. In questo disco comunque ci sono tantissimi generi. In “Vox Populi” si può identificare un ritmo funky. Qui, al contrario, le sei corde perdono di energia. Di intensità. Rimane, comunque, piacevole da seguire. Piacere che si afferra anche attraverso “Non Tornare mai Più“. Una traccia che fa respirare aria di novità.

Ed è con un monologo che inizia l’ultima traccia dell’album, “La Sindrome di Stoccolma“: “Cuore di Carciofo“. L’unica traccia, forse, che trasmette irrequietezza. Qui si sente proprio uno stato d’animo turbato e preoccupato. Qui è tutto una sofferenza dove l’aria diventa uggiosa. Un clima, infine, ricco di paturnia e dolore.

Potete seguire e ascoltare i Messer DaVil su Facebook, Instagram, YouTube, Spotify e sul loro sito web.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


Video ufficiale di “Quello che Avviene ogni Giorno“:


Video ufficiale di “L’idiota Digitale“:


Messer DaVil

 

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