Inizio ad ascoltare “Plaza“, l’album degli Hidalgo, e vengo invaso da questo sound moderno e trascinante ma con una natura esclusivamente rock&roll. Un sound dove le tastiere sono il fulcro. Sono il nucleo insieme ad una chitarra elettrica viva, ruvida e ardente. Come piace a me. Questa è la traccia numero uno: “Assuefazione/Oppressione“.
Gli Hidalgo sono un duo ma se si prova ad ascoltare “Infuso di Verità” sembra che a suonare sia un esercito. Strumenti a fiato, chitarra acustica, basso, batteria, tastiere. “Infuso di Verità” dona solo pace e gradevolezza. Una traccia estremamente piacevole. Traccia che porta a sdraiarsi e lasciarsi trasportare da ogni singola nota. La parte strumentale è divina. Paradisiaca, quasi. Quanto mi piace. Tanto. Inoltre, si avverte l’esperienza. Si avverte la conoscenza acquisita con il tempo, con il sudore e con lo studio. Questo ritmo così rilassante prosegue attraverso “Andante Immobile (Le Nostre Cose Migliori)“, “Il Respiro del Tuo Nome” e “La Riva d’Occidente“. Delle ballads estremamente lente. Dolorose quasi. Delle canzoni amare, a tratti strazianti. Le prime due citate, in particolare.
Mentre con “Demenza Digitale” tornano le sonorità che fanno scuotere ogni corpo e ogni anima. Dove al centro delle attenzioni ci sono sempre le tastiere. Ma un ruolo importante è dato anche dalle sei corde. Le quali regalano dinamismo. Regalano un sound fervente. Un sound che scotta. L’imponenza può considerarsi come il sinonimo di questa traccia. Un assolo, poi, semplicemente melodico. Un assolo che vizia lo spirito. Daje.
I brani “Ludwig (L’armonia delle Sfere)” e “Canto d’Autunno“, mi trasmettono un’atmosfera quasi incantata. Un’atmosfera fatata. Sembra di stare in un castello medievale. Broccali di vino, damigelle sparse qua e là. Ed una tavolata ricca di ogni ben di Dio. Ma gli Hidalgo danno spazio anche a sonorità jazz, tramite “Luci Sonore Diffuse“. Sonorità molto raffinate, delicate. Sonorità che sprizzano eleganza e stile da tutti i pori. Qui ci si può benissimo immaginare in frac, invece.
Le sei corde tornano protagoniste con “Terra Desolata” e “L’era di Orione“. Nella prima emergono con un’intro che offre energia, ma la natura di questo brano è da considerare decisamente come una natura posata e flemmatica. Un brano intenso, profondo. Edenico, mi vien da dire. Mentre nella seconda è la chitarra acustica che fa da padrona. Essa primeggia prima di dar spazio alle tastiere e all’elettrica. Le quali non fanno altro che inondare durante tutto il brano.
“Plaza” arriva al termine attraverso la sua ultima traccia: “Di Me Sinfonia“. Qui lo strumento di spicco è il pianoforte, senza dubbio. Ma non solo, anche la famiglia degli archi è presente con tutta la sua intimità. Una presenza importante, considerevole. Una presenza che offre pura poesia a chi ascolta.
In conclusione voglio sottolineare come il primo di Aprile uscirà un nuovo singolo per gli Hidalgo. Si tratta di “Storia Qualunque“. Un singolo che anticipa l’uscita dell’album rimasterizzato “L’Orizzonte degli Eventi (E’20)“. Tutto questo a vent’anni dalla sua prima pubblicazione. Nel frattempo, però, potete ascoltare gli Hidalgo su YouTube e su Spotify. C’mon.
Voto: 8.5 ⇒ Un giudizio notevole per un album notevole. Qui si possono trovare innumerevoli sfaccettature. Innumerevoli stili di musica. Un livello artistico, inoltre, semplicemente invidiabile. Infine, una parola per la voce: fiabesca.
Recensione esclusiva di Attilio Salaris
