Vanterrania e il suo “Electrowave” – La recensione

Mi appresto ad ascoltare il nuovo album di Vanterrania, “Electrowave“, e così senza neppure un preavviso vengo invaso da queste sonorità molto insolite. Sonorità particolari, devo dire, attraverso la prima traccia “Data Wave“. Qui c’è del dark con questo riff di chitarra, il quale si riconosce appena appena. Un album esclusivamente strumentale, un album da considerare come un viaggio continuo. Un album di questo genere, te lo ricordi. Sicuro.

Ascoltati gli oltre 8 minuti della prima traccia, mi appare subito la seconda: “Elektro“. Totalmente diversa. Non saprei neppure definire gli stili e i generi. Un sound che sembra provenire da terre sconosciute. Interessante, comunque, scoprire nuove strade e nuovi percorsi. “Cube“, invece, emerge con questi tocchi che mi fanno pensare al pop. Ma non è pop. Questo è un brano magnetico, ripetitivo. Sembra di stare sotto un’ipnosi senza fine. Singolare come sensazione, non c’è che dire.

È arrivato il momento di ascoltare “Guardrail” e “The Metal Industry“. Qui l’elettronica è il perno, è il cuore pulsante. Non che negli altri brani non lo sia, ma qui è più rimarcata. Due brani da rave party. Senza dubbio. Mentre “Power Plant” si presenta in modo impressionante e suggestivo. Vanterrania ci vuole proprio stregare con le sue sonorità che ricordano molto la fantascienza. Per avere un riscontro basta perdersi con “Temptation” e “The Gold Factory“. Nonostante quest’ultima citata sia dannatamente più movimentata.

Il turbamento può essere considerato come parola chiave di “Electrowave“. Uno stato d’ansia perenne. Ansia che lievita soprattutto  con “Fortuity“. Un brano ricco di tensione, com’è ricco di tensione il brano successivo: “The Pine“. La sua lentezza iniziale è un vero e proprio tormento. Ma ecco che arriva la traccia omonima dell’album. Ho la sensazione come qualche alieno voglia mettersi in contatto con il pianeta Terra. La stessa impressione ce l’ho ascoltando “The Rip Off“. Questa è musica extraterrestre. Ma è con “Parkland” che termina il viaggio. Un viaggio atipico pieno di dettagli. Pieno di sfumature minuziose da cogliere.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


Vanterrania

 

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