“Where the Journey Begins”: Il nuovo album degli Jana Draka – La recensione

Where the Journey Begins“, il nuovo album degli Jana Draka, inizia con “Overture“. Brano che introduce queste sonorità insolite. Le quali danno l’impressione che stia per esplodere un sound potente e vigoroso. Mentre, invece, dal nulla emergono più di due minuti di pianoforte. Sembra di stare in un teatro con questa melodia deliziosa.

Da sottolineare la copertina dell’album. A primo impatto trasmette diverse sensazioni. Può sembrare una fessura di qualche parete calcarea, da dove si intravede una luce così luminosa e sgargiante. Oppure può sembrare un’opera artistica che raffigura “il passaporto per il Paradiso” (citazione estrapolata dal famoso monologo di Al Pacino in “Profumo di Donna“). Chissà.

La seconda traccia, “Coming Home“, si affaccia con questo riff leggero. Con questo ritmo che ricorda tanto il jazz. Una ballad gradevole e graziosa. Una ballad che cresce d’intensità. E lo fa piano piano. In modo lento e inesorabile. Tutto questo fervore è dato, in particolare, dalla chitarra elettrica. La quale attraverso i suoi assoli brevi dona energia al brano. Energia data anche dai cambi di ritmo di batteria e tastiera. Qui c’è pura vivacità. C’è simbiosi tra gli strumenti. Con “Salem“, invece, si percepisce un sound più elettronico stile Muse. Tuttavia la natura è sempre rock&roll. Un rock&roll rivisitato. Moderno. Dove la voce femminile regala calore ed un’atmosfera romantica. Brano molto interessante.

Le sonorità jazz si avvertono in maniera più rimarcata in “The Outsider“, anticipate da un’intro di note lievi date dal pianoforte. Strumento cardine nel sound degli Jana Draka, indubbiamente. Ma la struttura principale, finora riscontrata, è il perenne cambio di stili e di ritmo. Un album che permette di avere la concentrazione sempre alta, con lo scopo di cogliere ogni sfumatura. Tipo l’hard-rock nel finale. Riff decisi e prestanti. Batteria viva. Daje.

Non c’è (quasi) nemmeno il tempo di godere di questi watt liberati, perché torna la calma. Torna la quiete con “A Germ’s Last Moment, Pt. 1” e “A Germ’s Last Moment, Pt. 2“. Ma non solo, anche con la sequenza di “Limbo, Pt.1“, “Limbo, Pt. 2” e “Limbo, Pt. 3“. Brani di una poesia disarmante. Sono spontanei. Puro relax. L’immaginazione torna in teatro fino a quando in “Limbo, Pt. 3” si accende l’anima. Un’anima dove le sei corde si mettono alla luce. Si evidenziano, insieme alla tastiera, rendendosi imponenti. Sembra quasi che si facciano rispettare.

Nel momento in cui, invece, inizia “Carcosa” si crea un clima cupo, doloroso a tratti. Un clima truce e buio. Qui la profondità detta il ritmo. Nonostante ci siano sprazzi di sonorità che riportano alla mente il mondo arabo. Continua il dolore con “Daydream“. Torna la nostalgia e la sofferenza. Torna la disperazione. Questo giro di chitarra che fa pensare solo al tormento. “Where the Journey Begins” racchiude suoni nuovi, inconsueti e inattesi. Suoni innovativi, inoltre, che si possono scoprire in “Awaken“. Tra i miei brani preferiti dell’album. Mi piace. Album che conclude come ha iniziato. Cioè attraverso un brano eseguito interamente con il pianoforte. Un brano amaro. Un brano aspro: “Notturno“.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


Jana Draka

 

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