Gli YDY ed il loro album omonimo: “You Do You” – La recensione

You Do You” si presenta al mio udito attraverso la prima traccia: “Ther-nana“. L’arpeggio di chitarra attira immediatamente la mia attenzione. Molto armonioso. Capisco subito come il tratto distintivo della band è una natura reggae. Ma qui ciò che invade l’intero sound è l’utilizzo dei sintetizzatori. Sembrano, quasi, dei segnali audio che cercano di imitare degli strumenti musicali. Ma non solo, essi creano proprio dei suoni e degli effetti sconosciuti.

Proseguendo con l’ascolto, l’intro di “Think About” sembra una canzone provenire da lontano che mano a mano si avvicina sempre più distinguendo meglio così ogni dettaglio. Come se stesse viaggiando in macchina. Anche qui il ritmo reggae è il caposaldo. I synth, poi, rappresentano il vero cardine che fa da cornice allo stile degli YDY. Mentre con “Rude” si possono evidenziare delle sonorità molto rock&roll. Anche la voce cambia in modo totale. Appare più energica e intensa. Delle sei corde che mettono in mostra tutto il loro valore, inoltre. Loro hanno perennemente bisogno di esibirsi. Il sound diventa anche più crudo ascoltando “You Say it’s Easy” e “Too much Shit“. Nonostante gli elettrofoni siano sempre presenti, ciò che si risalta è una batteria imponente e una chitarra che sfodera un dinamismo d’altri tempi. Tutto ciò, mi piace.

Follow this Flow” e “Mrs Moon“, invece, si possono considerare come dei sinonimi di delicatezza e pace. Queste due tracce alimentano un’aria soave e leggiadra. Tutto si rallenta in modo assurdo. Si possono perfino contare, senza problemi, il numero delle note negli assoli. Però, a tratti, il suono si riscalda con dei riff più ostinati e irremovibili ed una batteria che detta il ritmo comportandosi da vera leader.

Ascoltando “Little“, il sound d’altri tempi si dilegua per far posto a delle sonorità estremamente moderne. Un brano fresco che sta al passo con i tempi. Ma nel momento in cui inizia “Go back Home” ritorna il reggae. Anzi, ritorna il rocksteady. Ed infine, l’ultima traccia di “You Do You“: “Onde Violazzurre“. La quale all’inizio sembra avere un ritmo molto lento. Da ballad. Eppure di punto in bianco fuoriesce un sound movimentato e divertente, dove (tanto per cambiare) batteria e chitarra si elevano attraverso un suono limpido e trasparente. La complessità e l’essenza eclettica di questo brano conquistano e richiamo un nuovo ascolto. Daje.


Voto: 7.5Ho trovato un album, in alcuni frammenti, moderno. In altri, con melodie che mi hanno intrigato particolarmente. La voce? Caratteristica, mi vien da dire. Ha quel “raschio” giusto.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


YDY

 

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