La Complice con il suo album “A Copenaghen Offrono da Bere” – La recensione

Ed è con questo leggero arpeggio che inizia “A Copenaghen Offrono da Bere“, il nuovo album de La Complice. Attraverso la prima traccia, “Propellenti Verdi Spaziali“, si può intuire un pop estremamente melodico. Il quale non fa altro che enfatizzare la propria armonia in modo netto e lineare. Inoltre, a fare da pendant con il sound è questa voce molto equilibrata. Essa si presenta intonata e coinvolgente.

La situazione prende calore con “La Ragazza con la Valigia” e “Replay“. Il ritmo, rallentandosi, diventa più interessante. Così facendo si realizza un’atmosfera quasi intima. E questo conduce verso il richiamo. Come se non bastasse, poi, la voce perde tutta la sua innocenza. Al suo posto si percepisce l’essenza astuta e scaltra, anche tramite dei testi profondi. La seconda citata si può dire quanto sia maledettamente intensa. Densa, viva, penetrante. Caspita.

Però tutta questa malizia svanisce con “Maledetto Mare“. Questo brano riporta alla mente un po’ di nostalgia, di rammarico. Tutto contornato da sonorità fresche, le quali comunicano solo della pura e sana leggerezza. Comunque, l’album prosegue. In “Danimarca Mon Amour” c’è da sottolineare una batteria che esprime tutta la sua energia. Qui, prende vita un ritmo inebriante e movimentato.

Ma è arrivato il momento di ascoltare “Copenaghen“. Si può definire come la traccia omonima dell’album. La Complice mette in condizione a chi ascolta di partire verso mete curiose. Più che al nord Europa, io mi sento in Africa. Con quei suoni particolari fatti di percussioni e danze trascinanti. In questa traccia, inoltre, le sei corde acustiche rappresentano il perno, come se fossero dei cardini. Molto piacevole all’udito, in particolare verso la fine, dove il ritmo diventa informale e le voci del coro portano a schioccare le dita, ad accompagnare, a cantare. Mi piace.

Una traccia di un’orecchiabilità disarmante è “Algebrica“. Non mi stupirei più di tanto se la sentissi in qualche radio. Essa è una traccia florida, pimpante. Il mio spirito gradisce i cambi di ritmo, la passione, l’impeto. Esso ne trae giovamento. Con “Biciclette Elettriche” sembra che esca l’anima verde dell’artista. Attuale, quindi. Anche qui è l’intensità a travolgere. Nonostante si tratti di un genere raffinato e ripulito, diciamo, si può cogliere la natura forte e viscerale. Non me l’aspettavo.

L’album termina con “Odiare rende Simili“. Semplicemente una canzone che mi sbalordisce. Quasi quasi mi commuovo. Ho sentito i brividi lungo la schiena. Questo è un segnale da captare. E questa traccia contagia proprio tutto il fervore come se non ci fosse un domani. La lentezza, poi, la rende notevole grazie ad un’atmosfera intrinseca. Un’atmosfera sentita e potente. Wow.


Voto: 9.5Nonostante le sonorità meno ruvide, davanti ai brividi non posso fare altro che esclamare “touché”. A tratti, il clima che si crea attira e acquista la mia completa considerazione.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


La CompliceCopenaghen (Official Video):


La Complice

 

Condividi su: