I Piano 9 con il loro album debutto: “Overbooking” – La recensione

Un riff intenso che cresce, una batteria sin dal principio estremamente volitiva. Un accenno di assolo. È così che emerge “Overbooking“, l’album debutto dei Piano 9. Un sound molto rock&roll, con questa voce leggermente rauca che sembra stia chiedendo implorazione. “Freaks“, la prima traccia, si presenta in questo modo. Cambi di ritmo molto invitanti e delle sei corde sempre al centro delle attenzioni. Non c’è male, come inizio.

Con “Grigio“, invece, cala il ritmo rendendosi lento e profondo. Un giro di basso continuo e abissale. Brano particolare, devo dire, poiché mi ricorda un po’ il sound malinconico e disperato dei Nirvana. Come se fosse uno sfogo emotivo. Mi piace. Come mi piace la canzone successiva: “Endorfine“. Il ritmo rimane lento attraverso questo arpeggio leggero ma sempre duro e ostico. Crudo, proprio. Non ho neanche il tempo di affermare ciò, comunque, che esplodono queste sonorità cupe e amare. Il clima diventa tetro, tenebroso.

Ed è così che arrivo alla traccia omonima dell’album: “Overbooking“. Qui torna il movimento, il divertimento. Lo spasso. Sentite la batteria come detta il ritmo. Questo si può considerare un brano molto orecchiabile. Tutto diventa rovente. L’atmosfera prende fuoco. Si percepisce molto la determinazione di tutti gli strumenti. Particolare da evidenziare, l’assolo. Oddio è così sepolcrale, è così melodico. Così lucido e robusto. Sembra che lo stiano eseguendo entrambe le chitarre. Alternativamente. Ammazza oh, che goduria.

Non sembra neppure un album debutto. Si sente la maturità della band. Dei Piano 9. Se non glielo avessi chiesto, avrei immaginato un’esperienza di parecchi anni. Almeno. Che Iddio benedica chi porta avanti la bandiera dell’underground. Del rock&roll. Con “La Cura dell’Io“, nonostante un riff che domina, l’aria che si respira è un’aria truce. Cavernosa. Anche qui l’intensità è la parola chiave. Come se fosse un sinonimo. Ma è con “148” che esce la parte più hard rock. La parte più ribelle e indisciplinata. Ma ciò che mi fa salire la pelle d’oca sono i riferimenti ad un ragazzo. Stefano Cucchi. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Con il morale a pezzi, ascolto “L’odio“. E con questa traccia prosegue il clima funereo. Ci sono quei frammenti dove vengo coinvolto completamente. Una traccia fuori dal comune che appaga la mia anima. Ma non solo, basta ascoltare “Parassita“. Anche qui mi viene in mente il grunge di Seattle. Questo riff che occupa tutto il sound insieme ad una batteria viva e florida. Prestante, direi.

L’album “Overbooking” giunge al termine attraverso “Adesso“. E giunge al termine con queste sonorità molto potenti e poderose. Qui l’autorevolezza diventa il cardine. Qui i watt si fanno sentire, eccome. Caspita, quanta velocità, quanta risolutezza e quanta efficienza. Senza dubbio, un album che riascolterò. C’mon.


Recensione esclusiva di Attilio Salaris


Piano 9

 

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